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    POLITICAL PARTIES IN THE EUROPEAN CONSTITUTIONAL DIMENSION

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    La tesi si propone di indagare il ruolo dei partiti politici nella dimensione costituzionale europea, con particolare riguardo alle funzioni dei c.d. partiti politici europei. Essa si suddivide in due macro-sezioni (dedicate rispettivamente alla \u201cstatica\u201d e alla \u201cdinamica\u201d degli Europartiti), a loro volta composte da due capitoli ciascuna, per un totale di quattro capitoli. Le domande di ricerca principali cui si \ue8 tentato di dare risposta sono le seguenti: sono i partiti europei comparabili ai partiti politici tradizionalmente intesi, ovvero le forze politiche presenti a livello nazionale, oppure le competenze di cui i primi sono titolari sono a tal punto differenti da non rendere possibile alcun raffronto? Nell\u2019eventualit\ue0 in cui tali entit\ue0 operanti a livello europeo dovessero rivelarsi profondamente distanti dai loro omologhi nazionali, sarebbe comunque possibile classificarle quali \u201cpartiti\u201d? La presente ricerca si serve del modello dello \u201cEuropean network party\u201d elaborato in sede dottrinale, in base al quale la dimensione partitica europea sarebbe composta da tre \u201cfacce\u201d: il partito \u201cdi base\u201d, rappresentato dalle forze politiche nazionali; il partito \u201cnell\u2019organizzazione centrale\u201d, rappresentato dagli Europartiti; infine, il partito \u201cnelle istituzioni\u201d, rappresentato, in questo caso, dai gruppi politici presenti nel Parlamento europeo. Proprio dal ruolo di questi ultimi prende le mosse l\u2019indagine: infatti, i partiti politici europei hanno un\u2019origine \u201cintraparlamentare\u201d, essendo sorti, quali \u201cfederazioni\u201d (rectius: confederazioni) di partiti nazionali, su impulso dei gruppi, all\u2019alba della prima elezione diretta del Parlamento europeo. Tale origine \u201cinfraistituzionale\u201d rappresenta il \u201cpeccato originale\u201d degli Europartiti: nati all\u2019interno delle istituzioni \u2013 a differenza della maggior parte dei partiti tradizionali, sorti invece per volere delle masse \u2013 essi non sono stati mai capaci di effettuare il \u201csalto di qualit\ue0\u201d che avrebbe loro permesso di stabilire un contatto con la societ\ue0. Contatto che lo stesso art. 138A introdotto dal Trattato di Maastricht (oggi art. 10.4 TUE) pone quale presupposto per il completamento della \u201cmissione costituzionale\u201d assegnata agli Europartiti, ovvero quella di contribuire a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volont\ue0 dei cittadini dell\u2019Unione. La seconda parte dell\u2019indagine prende ad esame l\u2019attuale regolamentazione degli Europartiti, contenuta nel Regolamento n. 1141/2014, il quale ha subito limitate modifiche nel 2018. L\u2019analisi delle prescrizioni che regolano il funzionamento dei partiti europei restituisce un quadro non del tutto soddisfacente, specialmente sotto il profilo del rispetto del principio di democrazia (e dello Stato di diritto): le disposizioni in materia di \u201cgovernance\u201d sembrano ispirarsi al criterio di una sempre maggiore trasparenza, ma non paiono disciplinare la democrazia interna dei partiti. Quanto al rispetto dei valori su cui si fonda l\u2019UE, la procedura volta a verificare e sanzionare eventuali violazioni rimane politicamente connotata, potendo Consiglio e Parlamento bloccare la stessa anche in seguito ad una decisione di segno contrario adottata dall\u2019Autorit\ue0 per i partiti politici europei e le fondazioni politiche europee. La terza parte dell\u2019indagine, prodromica a quella finale, \ue8 dedicata alla forma di Stato e (specialmente) alla forma di governo dell\u2019Unione. Quest\u2019ultima, in definitiva, pare fondarsi sul principio di leale cooperazione e sull\u2019equilibrio istituzionale: essendo l\u2019esecutivo europeo \u201cframmentato\u201d e contribuendo all\u2019agenda setting numerose Istituzioni, il regolare funzionamento delle dinamiche istituzionali non pu\uf2 che essere affidato alla reciproca collaborazione, che si traduce principalmente, in termini giuridici, nella conclusione di accordi interistituzionali. Infine, la quarta parte dell\u2019indagine \ue8 dedicata al ruolo svolto dai partiti europei nel contesto della forma di governo dell\u2019Unione. A tal fine, si \ue8 proceduto ad indagare il rapporto intercorrente tra Europartiti e corrispondenti gruppi parlamentari nel Parlamento europeo, concentrando l\u2019attenzione sulla c.d. policy formulation. Per comprendere ove risieda l\u2019effettivo potere decisionale di dettare la linea da seguire in Assemblea e di stabilire quali punti debbano essere posti all\u2019ordine del giorno del Parlamento, si \ue8 proceduto ad un\u2019analisi approfondita degli statuti e dei regolamenti delle \u201cfacce\u201d sovranazionali delle due pi\uf9 importanti famiglie politiche europee: socialisti (PES/S&D) e conservatori (EPP). Si \ue8 poi rivolta l\u2019attenzione ai rapporti intercorrenti tra Europartiti e Commissione Europea, nonch\ue9 tra i primi e le Istituzioni intergovernative dell\u2019Unione (ossia Consiglio e Consiglio europeo): \ue8 emersa una debole tendenza alla formazione di coalizioni partitiche sovranazionali in seno alle predette sedi istituzionali; tendenza che potrebbe essere \u201ccavalcata\u201d dai partiti europei, oggi rafforzati dalla previsione del meccanismo c.d. degli Spitzenkandidaten, per il tramite di un parziale ripensamento dei summit che precedono le riunioni delle Istituzioni intergovernative, i quali si limitano a facilitare i processi di coalition building, senza mai, tuttavia, garantirne la stabilit\ue0. In conclusione, i partiti europei soffrono tuttora del \u201cpeccato originale\u201d che ne impedisce un contatto diretto con la societ\ue0: per questo appaiono (e sono) estremamente distanti dalla declinazione nazionale del fenomeno partitico. Allo stesso tempo, la loro struttura confederale, che ne impedirebbe la sicura sussunzione nella tradizionale nozione di \u201cpartito\u201d, pare essere in linea con l\u2019attuale stadio del processo di integrazione europea: cos\uec come gli Stati membri, anche i partiti nazionali sono \u201cgelosi\u201d delle loro prerogative (potrebbe dirsi: della loro \u201csovranit\ue0\u201d) e non sembrano intenzionati a cedere il passo ai loro omologhi operanti a livello unionale. Per questo motivo, il tanto atteso \u201csalto di qualit\ue0\u201d degli Europartiti potr\ue0 aversi solo in seguito ad una \u2013 oggi improbabile \u2013 accelerazione (rectius: conclusione) del federalizing process europeo

    Taricco II: taking (fundamental) rights seriously (Osservazioni a margine della sentenza della Corte di giustizia dell\u2019Unione europea del 5 dicembre 2017 in causa C-42/17)

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    After providing a brief summary of the jurisdictional saga which lies behind the decision concerned, a special focus is devoted to the relevance of the national identity clause (art. 4, para. 2, TEU) and counterlimits in relation to the Taricco II judgment. Given that the objective pursued in this case by the ECJ was a high level of protection of fundamental rights, the recourse to the national identity clause \u2013 suggested by the Italian Constitutional Court in its request for a preliminary ruling \u2013 seemed rather unappropriate, since: 1) State counterlimits and national identity as provided for by the Treaty are rather different notions; 2) the latter doesn\u2019t include protection of fundamental rights within its material scope, which corresponds to the \u201cfundamental structure, political and constitutional\u201d of the MS. As a consequence, the national identity clause was not taken into account by the EU judges; from this point of view, no europeanization of counterlimits seems to be present in the case at stake. Thus, the ECJ, without embracing the identitarian view of the ICC, decides to give protection to the relevant fundamental rights by assuming that a specific, substantial meaning of legality is part of the constitutional traditions common to the MS and, therefore, constitutes a general principle of the EU. The result of such a reasoning is that the original conflict between a norm provided for by the TFEU and a national supreme principle turns out into a conflict between EU rules (namely, the general principle of legality and art. 325 TFEU). Thus, we are not facing anymore a counterlimits problem, since the CJEU treated the counterlimit \u201cexposed\u201d by the ICC as an EU internal limit. The legal reasoning of the ECJ in Taricco II promotes a high standard of protection of fundamental rights while reaffirming primacy of EU law and fostering a coherent advance of the European integration process

    The First Duty of Intelligent Men is the Restatement of the Obvious: ovvero l'abrogazione del reato di ingiuria sul tavolo della Corte costituzionale

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    The issue of constitutionality (in relation to articles 2 and 3 of the Italian Constitution) of the rules repealing the offence of insulting behaviour (previous art. 594 of the Italian Criminal Code) is not admissible. On the basis of the principle enshrined in art. 25, par. 2, of the Italian Constitution - which reserves to the sole legislator the determination of what constitutes a criminal offence - any issue raised in order to create new criminal rules, or to extend the scope of application of existing criminal provisions to circumstances which are not (or not anymore) provided for by the legislator, or to increase the sanctions or tighten up the existing regulation is generally inadmissible. The case at stake is not subject to the exceptions according to which the Constitutional Court can scrutinise a "favourable" criminal provision. The right to honour - protected by the repealed regulation - is a fundamental right which does not entail, however, any national or supra-national criminalisation duty, which may limit the legislator's discretion in deciding the best way to safeguard it. Thus, the protection of the right to honour can be left - in addition to the non-contractual liability rules - also to civil (non-criminal) fines, on the basis of choices that must never be scrutinised by the Constitutional Court

    Depenalizzazione dell\u2019ingiuria e (obbligo di) protezione del diritto all\u2019onore: riflessioni a margine di una questione di legittimit\ue0 costituzionale

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    The Giudice di Pace di Venezia has raised an issue of constitutionality of the rules depenalising the offence of insulting behaviour. According to the referring judge, the right to honor can only be preserved by means of criminal law, which is the only body of rules that gives adequate protection to inviolable rights referred to in the Italian Constitution. Furthermore, the legislature should have complied with obligations arising from the European legal order(arts. 10 and 117 of the Constitution), which demands Member States, through art. 1 of the Charter of fundamental rights of the European Union, to respect human dignity. Moreover, the repealing and depenalising rules are deemed to violate also art. 3 of the Constitution (which is expression of the principles of non-discrimination and reasonableness), given that the offence of defamation (which is set to preserve the same right protected by the offence of insulting behaviour) has been kept in the criminal code; as a result, in the referring judge\u2019s opinion, the legal order is now giving a different substantial protection to the same right, thus violating the above mentioned principles. The performed analysis shows that \u2013 after deducing the concrete risk of obtaining a decision that would simply declare the indisputability of the question (since the mentioned depenalising rules can be qualified as \u201cmore favourable\u201d criminal law, which is covered, according to the case law of the Constitutional Court, by an absolute immunity from constitutional review) \u2013 the allegations made by the referring judge are unfounded. As a matter of fact, according to the theory of the State obligation to protect individuals\u2019 rights, the legislature must give adequate protection to the right at stake, but not necessarily by means of criminal law. The latter, indeed, should be used only when the absence of an incrimination could undermine the effectiveness of the right\u2019s recognition in the Constitution. This, however, doesn\u2019t seem to happen in the analysed case

    La tutela del risparmio quale controlimite all'applicazione delle norme europee in materia di risoluzione delle crisi bancarie

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    Una delle contromisure attivate a livello sovranazionale in seguito alla crisi economico-finanziaria è stata l’istituzione dell’Unione bancaria europea: un complesso e articolato sistema avente quale fine la riduzione del rischio sistemico per il tramite di una vigilanza accentrata sugli istituti bancari e di una nuova procedura di risoluzione degli enti in dissesto. Quest’ultima, introdotta con la Direttiva BRRD e il Regolamento SRM, è ispirata al principio dell’internalizzazione delle perdite: se in passato la regola seguita è stata quella del bail-out, ovvero del salvataggio delle banche attraverso il ricorso al denaro dei contribuenti, le disposizioni approvate nel 2014 introducono la regola del bail-in: ciò significa che le perdite di un istituto in dissesto devono essere sopportate in primo luogo dai creditori della banca, compresi i correntisti (ovvero titolari di depositi per somme superiori a centomila euro). Tale regola parrebbe porsi in contrasto con numerosi precetti contenuti nella Costituzione italiana, compreso quello espresso dall’art. 47, comma 1, a norma del quale «la Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito». Infatti, se da un lato parrebbe ragionevole addossare le perdite della banca ad azionisti ed obbligazionisti, i quali possono essere considerati investitori consapevoli del rischio assunto nel momento dell’acquisto del titolo, dall’altro lato, non essendo il semplice deposito bancario una forma rischiosa di investimento, far sopportare le perdite anche ai correntisti determinerebbe una compromissione del principio della tutela del risparmio. Pertanto, la tutela del risparmio potrebbe configurarsi come controlimite all’applicazione delle norme europee in materia di risoluzione degli enti in dissesto. Tale tutela è indissolubilmente legata alla dimensione sociale che emerge dalla Carta costituzionale italiana: dimensione, questa, che rappresenta il valore sotteso al medesimo art. 47, oltre che a numerose altre disposizione contenute nella Carta costituzionale. Infatti, come si evince dallo stesso dibattito svoltosi in Assemblea costituente, la tutela del risparmio non mira a salvaguardare il mero (e statico) accantonamento di risorse, ma ha lo scopo di garantire, attraverso l’inserimento delle medesime nel ciclo economico, una equa distribuzione della proprietà e l’esercizio della libertà di intrapresa economica. Obiettivi che non potrebbero certo essere vanificati dalla normativa approvata in sede europea

    La cittadinanza di Schrödinger. Recensione a D. Kochenov, Cittadinanza. La promessa di un alchimista, Il Mulino, Bologna, 2020

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    Citizenship is the status certifying full membership to a given community: it is a concept with a strong identitarian nature, whose potentially discriminatory effects always take second place with respect to the beneficiary ones that, according to many, it would determine. The objective of the volume “Citizenship”, written by Dimitry Kochenov and translated in Italian by the publisher “Il Mulino”, is to bring to light the reasons that had justified the creation of such a concept: in brief, it seems to be an indispensable instrument in the hands of the States, which, according to their tolerance level towards minorities, decide who is entitled to “belong” (or not) to the community concerned. In other words, it is a tool to normalize discrimination and justify exclusion. This dynamic is nowadays challenged by a series of phenomena: first and foremost, the so-called ideology of human rights; however, as long as our world will remain a “States world”, the latter will unlikely give up the instrument that allows them to control the level of homogeneity (and, thus, of governability) of the addressees of authoritative acts

    Influenze orlandiane nella teoria dello Stato del “primissimo” Capograssi

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    Giuseppe Capograssi è considerato tra i maggiori filosofi del diritto italiani del Novecento. Allievo di Vittorio Emanuele Orlando, fondatore della Scuola italiana del diritto pubblico, il giovane abruzzese fu tra i giuristi che si cimentarono con il complesso tema della “crisi” dello Stato all’alba del Primo conflitto mondiale. Fu l’ascolto della prolusione orlandiana del 1910 su Lo Stato e la realtà ad indurre Capograssi a scrivere una tesi di laurea sul rapporto tra lo Stato e la storia. Il denso elaborato, di circa cento pagine, è tutto ispirato alla Filosofia della pratica di Croce, ma presenta chiari “echi” orlandiani. Prendendo le mosse dall’analisi dei rapporti tra Stato, diritto e società negli scritti di Orlando, il contributo intende mettere in luce i “punti di contatto” tra l’elaborazione del caposcuola siciliano e l’aurorale riflessione capograssiana, destinata a mutare profondamente con la pubblicazione del Saggio sullo Stato nel 1918. Giuseppe Capograssi is one of the most prominent 20th-century Italian philosophers of law. Student of Vittorio Emanuele Orlando, founder of the Italian school of public law, the young legal scholar was among those who engaged with the complex topic of the “crisis” of the State at the dawn of the First World War. The inaugural lecture on State and reality that Orlando held in 1910 led Capograssi to write a dissertation on the relationship between State and history. In the dense text, which is about one hundred pages long and is inspired by Croce’s Philosophy of the Practical, echoes of Orlando’s theories are clearly present. Starting from an analysis concerning the relationship between State, law and society in the writings of Orlando, the paper aims to highlight the points of contact between the thought of the Sicilian professor and Capograssi’s auroral reflection, which would have later radically changed with the publication in 1918 of the Essay on the State

    «A rabbit remains a rabbit»? L’ultima parola della Corte di giustizia sull’iniziativa dei cittadini europei “One of Us” (nota a Puppinck e a. c. Commissione europea, causa C-418/18 P).

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    The Court of Justice of the European Union, after being seized according to art. 56 of its Statute by the organizers of the ECI “One of Us”, has rejected all the grounds of appeal, thus confirming the judgment of first instance and bringing an end to the initiative’s long journey. However, the Court has taken the opportunity to clarify certain aspects regarding the ECI in relation to the Commission’s powers. In particular, it has ultimately confirmed that the Commission’s communication ex art. 10.1(c) of Reg. (EU) no. 211/2011 (now repealed by Reg. (EU) 2019/788) can be subject to judicial review, even as far as political assessments are concerned, but only to verify whether manifest errors have been made. Even though this reasoning may appear acceptable, it still leaves room for criticism, since it doesn’t seem in line with European jurisprudence: in fact, according to the Court, the EU Parliament’s decision on the follow-up to be given to a petition ex art. 4 TEU cannot be subject to judicial review due to the broad political discretion owned by the Institution. Then, the same treatment should be given to the Commission’s communication: once it has provided for a sound motivation of its action, likewise its discretionary political assessment should not be subject to judicial review (not even a limited one)

    La protezione temporanea per motivi umanitari nel sistema di tutela delle persone migranti delineato dal Decreto sicurezza I

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    In presenza di eventi di particolare gravità che determinino l’insorgere di esigenze umanitarie, è possibile far ricorso allo strumento della protezione temporanea di cui all’art. 20 del Testo unico in materia di immigrazione. La disposizione non ha subito modifiche in seguito all’entrata in vigore del primo decreto sicurezza e, dunque, rappresenta oggi lo strumento principale mediante il quale può essere accordata tutela al migrante che fugga dal Paese d’origine per motivi di carattere umanitario

    Diritti di libertà e diritti sociali: dalle origini alla Costituzione repubblicana

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    Il contributo intende ripercorrere le tappe che hanno condotto al riconoscimento e alla garanzia dei diritti di libertĂ  e dei diritti sociali previsti dalla Costituzione repubblicana, prendendo le mosse dagli esiti dei moti liberali per giungere, infine, all'attuale tutela multilivello dei diritti fondamentali
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